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NAZIONALSOCIALISMO
Movimento politico tedesco del Novecento, rappresentato dal Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori (Nsdap), fondato nel 1920 da Adolf Hitler. Prodotto della crisi politica successiva alla sconfitta nella Prima guerra mondiale, il nazionalsocialismo aveva un'ideologia fondata sul razzismo (superiorità della razza tedesca) e su un radicale nazionalismo, ma propugnava anche una riduzione degli squilibri sociali. Si impose come un movimento politico di tipo nuovo, organizzato attorno alla figura di un capo carismatico (il Führer) e in grado di conquistare consensi di massa attraverso una propaganda capillare, che si serviva di parole d'ordine attraenti, secondo la quale il futuro "Terzo Reich" avrebbe risolto tutti i problemi del paese. Dopo il fallimento del putsch di Monaco (1923), il partito si riorganizzò, abbandonando i progetti rivoluzionari, per scendere sul terreno della lotta parlamentare. La sua ascesa venne favorita dalla crisi del 1929, che provocò una gravissima disoccupazione. Negli anni seguenti (1930-1933) il nazionalsocialismo conquistò un terzo dei voti alle elezioni politiche e divenne un fattore condizionante della vita politica. Non tralasciò però mai la lotta violenta, praticata nel completo disprezzo per i diritti umani. Dopo la nomina di Hitler a cancelliere, nel gennaio 1933, i fautori della "via legale" al potere, favorevoli a compromessi con i gruppi dirigenti tradizionali, dovettero fare i conti con coloro che propugnavano una prosecuzione della rivoluzione, trasformandola da politica in sociale (vedi Sa). Divenuto regime, il nazionalsocialismo perseguì l'obiettivo, raggiunto parzialmente, di integrare i cittadini tedeschi entro una fitta rete di organizzazioni e di farli aderire pienamente alla sua ideologia. Nello stesso tempo fallirono, anche a causa della guerra, i progetti di realizzare una società "nuova", fondata sui criteri razziali e di prestazione a favore della collettività e non su distinzioni sociali. La società tedesca venne mobilitata attraverso la manipolazione propagandistica e la repressione poliziesca, nonché con i successi diplomatici e militari che Hitler conseguì fino all'inizio del 1943. Dopo la sconfitta del 1945, nei due nuovi stati tedeschi furono emanate leggi che vietavano la ricostituzione di partiti neonazisti o la diffusione di idee nazionalsocialiste.

G. Corni


K.D. Bracher, La dittatura tedesca, Il Mulino, Bologna 1973; D. Orlow, The History of the Nazi Party, University of Pittsburgh Press, Pittsburgh 1969-1973; M. Broszat, Der Staat Hitlers, Dtv, Stoccarda 1969.
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